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Lodi torna a celebrare la vita con la mostra "Giardini"

«“Giardini” è una metafora della vita, delle molteplici forme dell'esistere e del resistere», ha dichiarato l’artista.

Lodi torna a celebrare la vita con la mostra "Giardini"
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Con la grande mostra “Francesco Diluca. Giardini”, a cura di Angela Madesani, storica dell’arte e curatrice indipendente, Lodi, tra i territori più colpiti dall’emergenza pandemica, torna a celebrare la vita. La mostra resterà aperta dal 6 marzo a 24 aprile 2022.

A Lodi la mostra “Francesco Diluca. Giardini”

Dal 6 marzo al 24 aprile 2022, circa 150 opere in ferro create appositamente per gli spazi lodigiani e dislocate in cinque tra i luoghi più suggestivi della città, raccontano il rapporto tra uomo e natura, le piccole e grandi tracce che il primo lascia sulla seconda e il rispetto che sempre dovrebbe essere sotteso a tale rapporto.
Le installazioni sono collocate alla Collezione anatomica Paolo Gorini, all’ex Chiesa dell’Angelo, al Teatro alle Vigne, oltre che all’ex Chiesa di Santa Chiara Nuova e alla prestigiosa Sala dei Filippini, all’interno della Biblioteca Laudense, queste ultime solitamente chiuse al pubblico e aperte appositamente per questa occasione, facendo della mostra un momento prezioso di riscoperta della città.


La rassegna, frutto di un lavoro durato circa tre anni, è promossa e sostenuta dal Comune di Lodi e realizzata in collaborazione con l’ASST Lodi e la Collezione anatomica “Paolo Gorini”.

«Questa mostra è per Lodi e per il panorama culturale del nostro territorio un forte segnale di ripresa e rinascita, come suggerisce il tema “Giardini”, scelto dall’autore Francesco Diluca per raccontare l’evoluzione del rapporto dell’uomo con la natura e tutto ciò che lo circonda dopo l’evento drammatico della pandemia che ha sconvolto le nostre esistenze e ci ha portato a vedere il mondo con occhi nuovi - dichiarano il Sindaco Sara Casanova e l’assessore alla Cultura Lorenzo Maggi -. Un evento artistico di  grande portata e alto livello che per la nostra città è davvero un “unicum”, fortemente voluto dal Comune e organizzato con un lavoro di molti mesi. L’occasione di questa esposizione dal fascino originalissimo permetterà di valorizzare alcuni luoghi di riferimento per la cultura cittadina e di aprire al pubblico due sedi suggestive, l’ex Chiesa di Santa Chiara Nuova e la Sala dei Filippini, alle quali l’accesso è solitamente limitato. Il prestigio della mostra e dei luoghi che ospitano, insieme alla fama che precede l’artista e la curatrice sono tutti elementi che ci portano a prevedere un importante successo di visitatori da tutto il territorio, ma anche ben oltre».

Strutturata come un grande giardino ideale

La mostra si struttura come un grande giardino ideale, inteso come convivenza armoniosa di pluralità: ogni sede – ogni “giardino” – dialoga con tutte le altre raccontando, attraverso le installazioni dalle forme organiche, una storia di fragilità, di precarietà, ma anche di forza, di resistenza e di resilienza. In definitiva, di rinascita.
«“Giardini” è una metafora della vita, delle molteplici forme dell'esistere e del resistere», dichiara l’artista.

Il tempo è un altro tema cruciale dell’esposizione: il tempo infinito, spesso uguale a se stesso, che la pandemia ha imposto all’uomo nel periodo di lockdown, ma le cui caratteristiche di ciclicità e ripetitività appartengono intrinsecamente al mondo naturale.

«Non ci troviamo tuttavia - afferma la curatrice Angela Madesani - di fronte a una mostra sul COVID e sulle sue conseguenze. La rassegna è una riflessione in cui l’analisi è nei confronti della natura, del suo rapporto con l’uomo. Non esiste una sola risposta di fronte a opere di questo tipo, si legge, piuttosto, tra le righe, un’aspirazione alla capacità di reagire al trauma, alla perdita, alla tragedia. L’arte diviene così faro imprescindibile per la società civile».

Sculture come metamorfosi

Il punto di partenza ideale del percorso espositivo è il Collezione anatomica Paolo Gorini, all’interno del quale vi sono cinque cicli di opere: Germina, Skin, Radicarsi, Papillon e Kura Halos. Cinque installazioni a rappresentare le stagioni della vita: dalla nascita alla maturità, dalla morte alla rinascita, il cui unico punto fermo è il continuo mutamento.
Tutte le sculture sono infatti figure di metamorfosi: esili strutture arboree antropomorfe, all’interno delle quali si fa spazio la natura, che si tramutano in foglie (d’oro), farfalle o coralli, simboli per eccellenza del cambiamento.

In questa stessa sede avrà inoltre luogo, la sera dell’inaugurazione, la performance Post fata resurgo durante la quale una scultura realizzata in un particolare filato metallico prenderà fuoco producendo una miriade di scintille e lasciando intravedere parti del corpo, organi e filamenti venosi che accendono una continua reazione a catena. Ne nascerà un’opera nuova, diversa – Micelio – che sarà poi collocata nella Chiesa di Santa Chiara Nuova.
Nella Biblioteca Laudense trova spazio Memento: come nell’antica biblioteca sono presenti volumi preziosi, ma fragili e perlopiù inutilizzabili, così i libri che costituiscono Memento sono pietrificati. Diventano un monumento alla memoria, a un grande sapere che non può essere fruito.

All’ex Chiesa dell’Angelo è collocata Giardini, una grande installazione composta da circa trenta sculture antropomorfe a grandezza naturale: creature in bilico tra l’umano, l’animale e il vegetale in cui il rapporto tra uomo e natura si fa evidente.
Anche le opere esposte nelle nicchie della facciata del Teatro alle Vigne sono pensate per entrare in dialogo con la città. Si tratta di due sculture dorate, parte della serie Radicarsi.
Accompagna la mostra un catalogo edito da Eclipse, con un testo critico di Angela Madesani, le fotografie di Giorgio Gori e apparati bio-bibliografici aggiornati.

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