Un'altra ipotesi

Tavazzano: e se Dipaola non fosse stato ucciso per gelosia dal cugino?

Questa è la domanda che sta tormentando gli inquirenti da settimane.

Tavazzano: e se Dipaola non fosse stato ucciso per gelosia dal cugino?
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E se Sebastian Ganci non avesse ucciso suo cugino Amato Dipaola per gelosia? E' questa la domanda che sta tormentando gli inquirenti e i parenti della vittima.

Il dubbio

In casa sua, un appartamento in una palazzina Aler di via Di Vittorio a Tavazzano, aveva una videocamera che ha ripreso tutto: la lite tra i cugini, le urla, la furia e gli spari. Grazie a una consulenza la Procura di Lodi è riuscita a ottenere il video e visionarlo, ma i dubbi permangono. Gli inquirenti stanno procedendo per l'ottenimento dei tabulati telefonici dell'assassino. Ora si indaga anche per scoprire se al momento dell'omicidio il vigilante era o meno sotto l'effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti.

Dipaola è stato ucciso con cinque colpi di pistola che, secondo il legale della parte offesa, sono stati troppo precisi per essere dettati dalla rabbia del momento. Il legale sostiene che si sia trattata di una vera e propria esecuzione. La famiglia Dipaola, distrutta dalla morte di Amato e dal fatto che a portarlo via sia stata proprio la mano del cugino, ora chiede giustizia e si costituirà parte civile nel processo.

Le indagini proseguono per comprendere se e quali altri motivi potesse avere Ganci per uccidere suo cugino.

L'omicidio

Nella notte tra sabato 10 e domenica 11 agosto 2019, finito il turno di lavoro, Ganci sarebbe tornato a casa  e per gelosia nei confronti di una ragazza 17enne (sembrerebbe) contesa tra i due, verso le 6 di mattina sarebbe scoppiata una violenta lite con il cugino, in presenza della stessa ragazza. Secondo la ricostruzione dei fatti, confermati dalla stessa guardia giurata, Ganci ha sparato cinque colpi di pistola di cui tre hanno colpito il cugino, che si è accasciato al suolo vicino alla porta d’ingresso.

Gli agenti della procura di Lodi avevano trovato e arrestato Ganci a casa della sorella, trasferendolo in Questura. Il 40enne, interrogato dal pubblico ministero, aveva subito confessato l’omicidio ammettendo le proprie colpe e il movente della gelosia.

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