"Schiavi" nei campi anche 17-18 ore al giorno: l'imprenditore non potrà lavorare per un anno
L'operazione Agros della guardia di finanza: nessun riposo per i lavoratori e giacigli sovraffollati e sporchi per riposare
Caporalato: imprenditore agricolo non potrà esercitare l'attività per un anno. I lavoratori nei campi anche 17-18 ore al giorno sottopagati.
Al lavoro nei campi anche 17-18 ore al giorno
Altro che 40 ore di lavoro alla settimana. La guardia di finanza di Lodi ha scoperto un imprenditore agricolo che, secondo le indagini, avrebbe fatto lavorare i propri “dipendenti” nei campi anche 17-18 al giorno con paghe misere. Non solo: la maggior parte dei lavoratori poi aveva a disposizione giacigli di fortuna sovraffollati e sporchi. E sulle entrate derivanti da tale lavoro, non sarebbero state pagate tasse.
A conclusione delle indagini, l’imprenditore lodigiano in questione è stato denunciato per caporalato e adesso, come deciso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lodi su richiesta della Procura, non potrà esercitare la propria attività per un anno.
I numeri del caso di caporalato
Secondo le indagini, coordinate dalla Procura, l’imprenditore avrebbe fatto sistematico ricorso all’utilizzo di manodopera irregolare per la coltivazione e la raccolta di ortaggi. Ai lavoratori, pressoché tutti di origine extracomunitaria, venivano imposte ore di lavoro ben superiori alle 169 mensili previste dal contratto nazionale.
Dalle indagini è infatti emerso che nei mesi della raccolta, i dipendenti lavorassero, senza la possibilità di fruire di permessi o riposi, mediamente per un numero di ore mensili pari al doppio di quelle previste da contratto, con punte fino a 512 ore al mese. A conti fatti, si tratta appunto di 17-18 ore al giorno, domeniche comprese.
Evasione fiscale di 3 milioni di euro in sei anni
Tale eccedenza di ore di lavoro, non dichiarata ai competenti uffici finanziari e previdenziali, ha riguardato, dal 2017 al 2023, un numero di mille e 54 posizioni lavorative irregolari, con un’evasione contributiva e fiscale quantificata in circa 3 milioni di euro.
Secondo quanto emerso dalle indagini, l’imprenditore faceva leva sullo stato di necessità dei lavoratori, a molti dei quali venivano peraltro fornite soluzioni alloggiative precarie, degradanti e sovraffollate, facendo anche pagare una quota relativa alla concessione del posto letto e delle utenze attraverso la decurtazione dello stipendio.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Lodi e svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lodi, con la collaborazione di ispettori dell’Inps, hanno avuto ad oggetto il contrasto al fenomeno del caporalato.