Prende il via lunedì 3 novembre 2025 il processo ad Andrea Gianì e Roberto Zuccotti, accusati dell’omicidio del 60enne Roberto Bolzoni.
Al via il processo per l’omicidio di Roberto Bolzoni
Davanti alla prima Corte d’Assise di Milano sono attesi lunedì 3 novembre 2025 il 29enne Andrea Gianì e suo zio, 50enne, Roberto Zuccotti. I due sono accusati dell’omicidio del 60enne Roberto Bolzoni, avvenuto domenica 16 febbraio 2025.
Il 60enne era stato trovato a bordo della propria Volkswagen Golf bianca ormai privo di vita nel parcheggio di piazza Omegna a Lodi, il corpo crivellato, come è stato stabilito in sede di esame autoptico, da almeno 35 coltellate inferte con una lama di dimensioni ridotte tra volto, collo e sterno.
Per Gianì e Zuccotti le accuse, in concorso, sono di omicidio aggravato dalla minorata difesa della vittima – uomo non più giovane, con l’omicidio avvenuto la sera e in una zona di Lodi in quegli istanti poco frequentata, e di rapina aggravata dall’uso del coltello. La Procura non contesta la premeditazione. Moglie e sorella di Bolzoni si sono costituite parte civile in vista del processo.
Il Dna di Bolzoni trovato nell’appartamento di Gianì e Zuccotti
Uno degli elementi che la Procura ritiene di maggior peso è il fatto che nel corso delle indagini e degli accertamenti, tracce del Dna di Roberto Bolzoni, ovvero la vittima, siano state trovate nell’appartamento che Gianì e Zuccotti condividevano.

In particolare le tracce sarebbero state rinvenute nel lavandino dell’alloggio: secondo l’accusa, una prova del fatto che i due potrebbero essersi lavati le mani sporche del sangue di Zuccotti dopo l’omicidio. Non solo. Il Dna del 60enne sarebbe stato repertato anche su un giubbotto e su una coperta trovati dagli inquirenti in un armadio dell’appartamento. Una tesi sostenuta dall’accusa, che la difesa dei due imputati sarà chiamata a smontare.
Litigio finito male o rapina?
Nel corso delle indagini e degli interrogatori, il 50enne Zuccotti si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere. Suo nipote Gianì invece si dice estraneo ai fatti, sostenendo di aver passato tutta la serata di quella domenica 16 febbraio 2025 in casa, attaccato al telefono cellulare che funzionava solamente perché connesso al wifi dal momento che non avrebbe avuto credito residuo sul telefonino.
Ancora da chiarire – e forse sarà il processo a fare luce – il movente dell’accaduto: un violento litigio tra i tre, finito nel peggiore dei modi, ovvero col decesso di Roberto Bolzoni, dopo che il 60enne aveva trascorso alcune ore alla Snai insieme ai due imputati? O una rapina da due soldi ai danni di Bolzoni?
C’è da considerare che come fino a questo momento il coltello usato per l’omicidio non è mai stato trovato, così non sono mai stati trovati né l’anello né la collanina in oro che Bolzoni indossava. Al contrario il suo telefono cellulare e il suo portafogli, vuoto, sono stati rinvenuti all’incirca dieci giorni dopo il delitto all’interno di un tronco cavo in via Precacesa, sempre a Lodi, a un centinaio di metri di distanza dall’appartamento condiviso da Gianì e Zuccotti.