ma non del tutto

Come farsi rimborsare il tampone effettuato nei laboratori privati

Solo in caso di risultato positivo si potrà chiedere all'Ats la restituzione dello standard stabilito dalla regione: 62,89 euro.

Come farsi rimborsare il tampone effettuato nei laboratori privati
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I media stanno facendo il possibile per cercare di mettere un po’ di ordine sulla questione test sierologici/tamponi in Lombardia, ma la Regione ci mette costantemente del suo per “offuscare” il quadro. L’ultima novità è di pochi giorni fa: il governatore Attilio Fontana ha fatto sapere (in un’intervista a Italpress) che, nel caso in cui il tampone effettuato da una persona in un laboratorio privato, «dovesse risultare positivo, provvederemo a rimborsare la tariffa pagata per la prestazione». Un’indicazione anticipata venerdì 15 maggio in una FAQ (le ormai famose risposte alle domande più frequenti) pubblicata sul sito della Regione.

Come funziona il rimborso

Come riporta Prima Bergamo, ci sono però alcune annotazioni da fare. La prima è relativa all’ammontare del rimborso. Attualmente, i tamponi effettuati in laboratori privati hanno un prezzo variabile, tra i 90 e i 130 euro circa. Regione non rimborserà l’intero ammontare, ma un massimo di 62,89 euro, che è il limite stabilito dalla delibera regionale del 12 maggio scorso. La seconda annotazione è che questo rimborso non avviene automaticamente: bisognerà farne richiesta attraverso l’Ats competente (che andrà quindi avvisata), la quale verrà presto dotata di apposita modulistica.

Questa previsione toglie uno dei dubbi che persistevano nella popolazione e legato proprio alla delibera del 12 maggio: i laboratori privati possono effettuare test sierologici e tamponi (obbligatori per i positivi) non soltanto nell’ambito di campagna di screening collettive, ma anche sui privati cittadini. Di fatto, cosa che si era già iniziato a fare, ma che ancora non aveva un chiaro inquadramento da parte di Regione.

La procedura

Dunque, riepilogando: tutti possiamo fare i test sierologici in laboratori privati. Questi, però, toccherà pagarli di tasca propria. In caso di positività alla presenza degli anticorpi, saremo obbligati a fare il tampone, sempre attraverso il laboratorio privato in cui abbiamo fatto il test. Anche in questo caso, il costo è a nostro carico. Nell’evenienza in cui, però, risultassimo positivi, potremmo richiedere il rimborso solo e soltanto del tampone attraverso Ats, per un massimo di 62,89 euro. Una procedura non certo semplice, ma che almeno adesso risulta un po’ più chiara.

Le incongruenze e una domanda

Tutto questo, però, apre le porte all’ennesima incongruenza nelle parole dei vertici regionali. Per giorni, dopo la delibera, Fontana e l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, precisando l’inutilità dei test sierologici sui singoli cittadini (dopo essere stati loro stessi a “sponsorizzarli” a metà aprile promettendo il rilascio, impossibile invece, di una “patente di immunità”), hanno detto: «Non possiamo vietare alle persone di fare i test, ma non devono gravare sulla sanità pubblica». In altre parole, fatti e costi vostri. Ora invece, e anche giustamente per certi versi, si promette il rimborso del tampone ai positivi. Quindi, in realtà, la cosa graverà sulla sanità pubblica. E, per di più, a cifre maggiori di quanto non costerebbe alla stessa effettuare un tampone, che al pubblico costa circa trenta, quaranta euro, meno dei 62,89 euro che la Regione dovrà rimborsare ai positivi che hanno provveduto a fare il tampone per vie private (pagando almeno novanta euro). Inoltre, resta senza risposta un’ulteriore domanda: com’è possibile che le strutture private riescano a effettuare i tamponi in tempi rapidi e senza problemi di approvvigionamento dei reagenti mentre il sistema pubblico ci metta tantissimo tempo a farli e dichiari che non è possibile fare più tamponi? Mistero.

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