Costretto a pagare per poter avere il risarcimento per la morte della figlia in un incidente aereo
E' la situazione surreale in cui si trova Fabrizio Bianchini, nonostante una sentenza definitiva emessa 4 anni fa: la figlia morì a soli 16 anni nel 2010 perché il pilota dell'ultraleggero toccò i cavi dell'alta tensione

Silvia Bianchini morì a soli 16 anni il 5 aprile 2010 lasciando un vuoto incolmabile nella vita di famigliari e amici. La sua tragica scomparsa però ancora ad oggi non ha ottenuto giustizia, facendo vivere al padre Fabrizio Bianchini un travaglio senza fine.
Hanno protestato davanti al Tribunale di Lodi per continuare a far sentire la loro voce, Fabrizio e Pietro Bianchini (padre e zio della vittima dell'incidente avvenuto 15 anni fa). Silvia perse la vita morendo folgorata poiché l'aereo ultraleggero su cui si trovava, pilotato da Giacomo Andena, finì contro dei cavi d'alta tensione.
Un processo durato 15 anni
La Questura chiuse ufficialmente l'indagine con l'accusa di omicidio colposo non preterintenzionale dovuto ad un probabile colpo di sonno del pilota Giacomo Andena.
Quel giorno venne avviato un processo penale che si chiuse nell'immediato per la morte del Reo, poiché morì anche il pilota 62enne.
Si aprì di conseguenza un processo civile e venne richiesto un sequestro cautelativo per bloccare i beni dell'erede.
Richiesta che però venne respinta più volte dai Giudici che seguirono il caso di Silvia, nonostante le numerose richieste del legale di Bianchini.
L'erede di Andena decise quindi di spostare tutti i suoi beni - materiali ed immateriali all'estero- in Lussemburgo, non essendo vincolata dal sequestro cautelativo.

I legali di Bianchini sporsero denuncia contro le persone coinvolte nella vendita dei beni dell'erede di Andena e alla fine si arrivò all'annullamento della vendita.
Dopo anni di udienze, perizie, denunce e contrattempi, nel 2021 si svolse l'udienza in cui venne emessa la sentenza definitiva.

Grazie alla quale venne bloccato il patrimonio dell'erede e venne disposto il risarcimento a favore della famiglia Bianchini.
Una vittoria seguita da una beffa: per poter ottenere il risarcimento dovuto, Bianchini dovrebbe anticipare una percentuale in denaro per avviare l'asta dei beni (la cui vendita garantirebbe il risarcimento).
Soldi che però il signor Bianchini non possiede. Dopo ben 4 anni dalla sentenza definitiva, una situazione insomma paradossale.